Gli s’cioss sono tornati

Gli s’cioss sono tornati. Del buon esito del ritorno della Sagra, organizzata dalla Pro Loco di Quero (BL) dal 15 al 18 luglio, riferisce il numero di agosto de Il Tornado. Non è stato facile riprendere dopo il lungo periodo di sospensione, ma con la buona volontà, lo sforzo dei volontari e la consulenza di un ingegnere esperto di sicurezza per l’allestimento degli spazi, tutto è andato per il meglio,

Ma cosa sono questi s’cios? Al di fuori di queste valli, quel termine dialettale è senz’altro completamente sconosciuto. Ma se guardiamo la locandina, la curiosità viene subito soddisfatta: gli s’cios sono le lumache, o chiocciole che dir si voglia.

 

 

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Cosa sono gli s’cios?


Al via in questi giorni, a Quero, provincia di Belluno, l’edizione numero 40 della Sagra degli S’cios.
Ne dà notizia Il Tornado, il bel quindicinale edito dalla Pro Loco di Fener, e diffuso nei comuni di Alano di Piave, Quero Vas e Segusino.
Ma cosa sono questi s’cios? Penso che, al di fuori di queste valli, quel termine dialettale sia completamente sconosciuto. Ma se guardiamo la locandina, la curiosità viene subito soddisfatta: gli s’cios sono le lumache, o chiocciole che dir si voglia.
Dal sito della Pro Loco di Quero ecco alcune notizie sull’uso alimentare delle lumache.

Lo S’cios… ovverossia La lumaca….in cucina!

La lumaca (in italiano toscaneggiante “chiocciola”) raggiunge la velocità massima di 4 metri al minuto, ma la sua luccicante traccia segue l’evoluzione dell’uomo fin dalla scoperta del fuoco in poi. È invero improbabile che fosse molto appetibile cruda!
Esse era apprezzate dai Greci e dai Romani; nel trattato di cucina di Apicio, che spurgava le lumache nel latte per diversi giorni prima della cottura, fino a quando si erano gonfiate tanto da non poter rientrare nel guscio, si trovano quattro ricette dedicate alle lumache che egli friggeva ed arrostiva servendole con varie salse
Nel medioevo ebbero la loro importanza perché considerate un cibo “di magro”, ma è indubbio che in tutti i tempi esse sono rimaste un cibo apprezzato dai contadini.
All’inizio dell’Ottocento esse rientrano nella cucina francese come prelibatezze e la ricetta della lumaca alla bourguignonne è già diffusa nel 1840.
In Italia la lumaca è apprezzata in ogni regione ognuna delle quali ha una sua ricetta base per cucinarle (generalmente in umido o trifolate, con o senza pomodoro), al fine di ricavarne un buon sugo con cui accompagnare la polenta o il pane.
La lumaca più conosciuta ed apprezzata è la grande Helix pomatia. In specie nella sua varietà alpina, assai rinomata, che trova nei massicci calcarei delle Alpi e dell’Appennino l’ambiente ideale di vita e di sviluppo. Detta anche “vignaiola bianca” (in Francia gros blanc o escargot de Bourgogne), la pomatia ha carne bianca e raffinata ed è diffusa in tutta l’Europa centrale. In Italia è consumata soprattutto nelle regioni settentrionali. Nelle zone mediterranee, e nelle regioni italiane centro-meridionali (ma anche in Liguria), è molto popolare la più piccola Helix aspersa. Questa “chiocciola dei giardini” o “zigrinata” (“maruzza” nel trapanese, petit-gris per i francesi), è protagonista di molte sagre paesane e costituisce circa il 70% del patrimonio elicicolo dell’allevamento in Italia. L’Helix aperta o “cozza di terra”, di taglia medio-piccola, si trova in Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Il gusto della sua carne delicata è assai apprezzato, al punto che in Puglia in genere si mangia cruda o appena arrostita sulla brace.
In Sicilia c’è una vera e propria cultura dello loro piccole lumache che vengono suddivise in tre categorie: babbaluci: quelle piccole, bianche e già aperte; attuppateddi: (chiuse, otturate) sempre quelle bianche, ma in letargo con l’opercolo; crastuni: quelle grosse scure. A Palermo il giorno di Santa Rosalia (14 luglio), zuppiere di babbalùci alla palermitana vengono servite anche sulle bancarelle dei mercati.
In commercio le lumache si trovano vive oppure, in scatola o congelate, già pronte per essere cucinate. Poiché la produzione europea non è sufficiente per soddisfare un consumo di circa 100.000 tonnellate (peso vivo) di lumache per la sola Francia, molte vengono importate da allevamenti della Cina. In genere si tratta di razze europee, ma bisogna stare attenti a non farsi rifilare come lumaca la Achatina fulica, lumaca africana di grosse dimensioni, del tutto priva di pregio e di valore culinario.
In Italia si va diffondendo l’allevamento della lumaca (elicicoltura) ed a Cherasco (CN) ha sede anche l’Istituto Internazionale di Elicicoltura. L’allevamento italiano viene effettuato all’aperto nel modo più naturale possibile in modo che la lumaca di una certa zona conservi tutte le caratteristiche organolettiche della lumaca allo stato naturale. In Francia si preferisce l’allevamento in serra, indubbiamente più artificiale e con alcuni inconvenienti (ad esempio il guscio che rimane troppo sottile e difficilmente usabile).

La lumaca, per tradizione, viene cucinata secondo ricette alquanto robuste, il che l’hanno fatta considerare un cibo indigesto. Invece, se cucinata ammodo, deve essere considerata un cibo facilmente digeribile. Cento grammi di carne contengono 13 grammi di proteine e solo 1,7 grammi di grassi, il che significa solo 67 calorie; sono quindi adatte per una alimentazione ipocalorica, se si sa risparmiare sui grassi di cottura!

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La birra Tornado

I birrifici artigianali stanno andando alla grande. Ne stanno aprendo molti, un po’ in tutta Italia.
A Quero, provincia di Belluno, ha da poco inaugurato il nuovo stabilimento produttivo, e al contempo spaccio e punto di degustazione, l’omonimo birrificio.
Di questa inaugurazione scrive, nel suo ultimo numero del 26 aprile, il quindicinale Il Tornado, periodico dell’Editrice Pro Loco Fener.
Un motivo in più per scriverne, è il fatto che quel giornale ha “ispirato” il birrificio. Tra le oltre venti spine presenti al Birrificio di Quero vi è anche quella dedicata alla birra “Tornado”, “birra a bassa fermentazione aromatizzata al peperoncino habanero, che presenta colore chiaro, gusto pulito e profumo caldo e avvolgente”.
“Un ulteriore buon motivo per fare un salto al Birrificio di Quero, contraddistinto anche da un’ampia sala calda e accogliente, ideale per assaporare con la necessaria calma le tante specialità della casa” aggiunge l’articolo sul Tornado.

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