È uscito il numero di agosto de El Campanon, il semestrale della Pro Loco marchigiana di Sant’Angelo in Vado (pubblicata dal 1953, quindi fra le testate veterane fra quelle censite da GEPLI).
32 pagine in bianconero, di grande formato.
Fra i tanti articoli, uno dedicato a una delle potenziali attrazioni turistiche di Sant’Angelo in Vado, se fosse solo più pubblicizzata, e “ripulita” da infrastrutture industriali intorno che ne snaturano il contesto.
Parliamo della Cascata del Sasso. Una recente classifica delle 15 cascate più belle d’Italia include anche lei, segnalata come la più grande, grazie al suo fronte di 60 metri appaiato al salto di 12 metri.
Categoria: Curiosità
U Signuri Longu
Dal sito della Pro Loco Artemisia di Castroreale.
“CASTROREALE (ME)
23-25 Agosto
La processione del Cristo Lungo
( U SIGNURI LONGU )
Tra le tante feste religiose che si svolgono durante l’anno in Sicilia, merita di essere ricordata quella che si svolge a Castroreale, una cittadina della Provincia di Messina, durante la Settimana Santa (Mercoledì e Venerdì) e nel mese di Agosto, il 23 e il 25 di ogni anno. La festa, unica al mondo nel suo genere, richiama un elevato numero di fedeli e amanti delle tradizioni locali, creando non poche difficoltà logistiche alla gestione dell’evento.
Il miracoloso simulacro del Santissimo Crocefisso, a grandezza naturale, è di cartapesta ed è opera di un anonimo plastificatore siciliano del XVII secolo ed è custodito e venerato nella Chiesa di Sant’Agata situata nel centro storico del paese, una delle tante chiese, tutte meritevoli di essere visitate, sia per i sontuosi altari, sia per le opere d’arte in esse esistenti. Ad esso è attribuita la miracolosa liberazione della città dal colera del 1854.
Il Crocefisso montato su un palo di cipresso lungo circa 13 metri viene inalberato e messo a piombo mediante una laboriosa operazione su un pesante fercolo ed è portato in processione il pomeriggio del 23 Agosto di ogni anno lungo le strette vie del centro storico nella Chiesa Madre, all’interno della quale rimane esposto alla venerazione dei fedeli fino al pomeriggio del giorno 25, quando viene restituito, sempre processionalmente, alla Chiesa di S. Agata. L’attrazione maggiore della festa è l’emozionante trasporto della vara, che tiene per tutta la sua durata col fiato sospeso i presenti che da ogni parte accorrono ad assistervi. La manifestazione religiosa è accompagnata da luminarie, concerti bandistici, spettacoli folkloristici, gare sportive e fuochi artificiali. Ma l’emozione più grande si prova nell’osservare attentamente il simulacro, in modo particolare il volto di Gesù crocefisso, sofferente e morto per riscattare tutti noi dal peccato originale. La sua vista e il contatto delle mani dei fedeli con il simulacro di Cristo suscitano sentimenti di profonda compartecipazione alle sofferenze di un Uomo che ha sacrificato la propria vita per il bene dell’umanità. Solo assistendo a questo rito è possibile comprendere i sentimenti che alla sua vista si provano. Spesso molti fedeli si asciugano le lacrime che improvvisamente solcano il loro volto.
L’emozione è generale, tant’è che a differenza di altre feste religiose, questa si svolge in un religioso silenzio, perché coinvolge tutti; tutti sentono la necessità di un seppur breve esame di coscienza che alla fine suggerisce quel sentimento di amore universale che deve accomunare gli uomini nel corso della loro esistenza terrena. E’ una festa che ricorda la passione e morte di Gesù, ma è anche la festa dell’uomo che Dio creò a sua immagine e somiglianza.
Il Crocefisso è portato in processione anche durante le funzioni della settimana santa, nei pomeriggi del mercoledì e del venerdì di ogni anno.
Perché i fedeli del luogo lo chiamano ” U Signuri Longu “? Il perché è presto detto. Tutte le volte che il Crocifisso viene portato in processione, viene issato su di un palo ligneo di cipresso lungo 13 metri, assicurato mediante un pesante canapo e inalberato attraverso un complicato meccanismo di pertiche lignee su di una vara di legno molto pesante (circa tre quintali). La vara nel suo complesso ha un peso di circa 950,00 kg ed è portata a spalla da 16 uomini. A manovrare le forcine delle pertiche ci sono degli esperti “maestri di forcina” che permettono al simulacro di ben muoversi tra le strette strade dell’antico paese , che spesso sono in discesa. Secondo un’antica tradizione i portatori erano quasi tutti contadini, i forcinari artigiani del legno o assimilati. Durante la processione la Croce sembra muoversi lentamente sui tetti delle case.
Un plauso va naturalmente agli abili esperti che con grande devozione compiono le delicate manovre.”
Paolo Faranda
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Compiti per le vacanze
E’ abbastanza normale, per le testate che escono con frequenza mensile, prendersi agosto come, meritato, mese di ferie.
Così capita, ad esempio, per Cose Nostre, di Caselle Torinese.
Idem per In Paese, il giornale della Pro Loco di Brendola.
Nel salutare e dare appuntamento agli affezionati lettori, il giornale chiede aiuto, per disporre di materiale “fresco” per le prossime uscite.
Una specie di “compito delle vacanze”, proposto per le seguenti rubriche:
– BELLEZZA IN PAESE, una rubrica su un tema tanto semplice quanto difficile;
– APPROFONDIMENTI IN PAESE, uno spazio da dedicare ogni mese ad un tema di particolare
interesse, scelto per l’attualità e l’importanza per il territorio;
– i NEOLAUREATI IN PAESE, sui compaesani che completano un percorso universitario,
con una breve intervista sull’esperienza di studio e sulle prospettive future;
– LETTURE IN PAESE, una rubrica dedicata ai libri e alle letture in genere.
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La via della carta, da Caselle alla Bibbia di Gutenberg
E’ ancora vivo, a Caselle Torinese, il ricordo della mostra Rivelazioni, tenutasi nella primavera del 2010 nella cittadina piemontese. Una delle “rivelazioni” più sorprendenti, quella relativa al probabile legame fra le cartiere di Caselle, attive nel quindicesimo secolo, e la celeberrima stampa della Bibbia di Gutenberg, di cui una pagina originale fu esposta nella mostra. In molti visitatori allora nacque la curiosità: ma sarà proprio vero che il primo libro stampato al mondo coi caratteri mobili utilizzò carta prodotta nelle cartiere di Caselle?
Un successivo articolo di approfondimento, pubblicato sul mensile casellese Cose Nostre, tentò di fornire qualche risposta. Eccolo qui di seguito ripreso nelle parti essenziali.
“Il più recente testo dedicato alla storia di Caselle è il libro di Gianni Rigodanza, pubblicato nel 1999 a cura della Pro Loco. Nel capitolo 7, “Luci dal Medioevo”, ci sono diverse pagine dedicate ai battitoi di carta, ai canali e bealere che li alimentavano, al tipografo Fabri che si insedia a Caselle nel 1475 a soli 20 anni di distanza dalla storica stampa a Magonza della Bibbia di Gutenberg. Il testo rinvia, per maggiori approfondimenti sull’argomento, all’altro precedente libro, pure edito dalla Pro Loco, “Caselle e i suoi centenari”, 1975. In nessuno dei due libri di storia locale sopra citati si ipotizza però un legame diretto fra cartiere di Caselle e l’impresa di Gutenberg.
Cercando nel mare di Internet, la traccia più promettente sembra essere la pagina http://www.bl.uk/treasures/gutenberg/paper.html . Essa proviene dal sito della British Library, che presenta un’intera sezione dedicata ai tesori della Bibbia di Gutenberg. Della stampa della Bibbia a 42 linee del 1455 (dagli studiosi battezzata B42), rimangono in forma completa oggi 49 copie, di cui 37 su carta, 12 su pergamena, sparse per il mondo. La British Library di Londra ne possiede due esemplari, uno su carta, l’altro su pergamena. Trascriviamo letteralmente cosa dice sul suo sito tale prestigiosa ed autorevole istituzione: “The paper used in the Gutenberg Bible was imported from Caselle in Piedmont, Northern Italy being one of the most important centres for paper-making in the 15th century” . L’affermazione sembra perentoria: la carta della Bibbia di Gutenberg fu importata da Caselle, nel Piemonte, uno dei centri di produzione cartaria più importanti nel quindicesimo secolo. Nella stessa pagina vengono riportate, come illustrazione, due delle filigrane presenti sulla carta (in particolare la testa di toro e il grappolo d’uva ).
Come noto, lo studio delle filigrane è uno dei pochi strumenti a disposizione degli studiosi per ricostruire la storia della stampa e delle cartiere che fornivano alle tipografie la materia prima. La filigrana, o marca d’acqua ( watermark in inglese), è il disegno visibile in controluce sulla carta: esso si ricavava, quando la carta era prodotta usando gli stracci come materia prima, inserendo fili metallici molto sottili nello staccio, chiamato “forma”, che era il telaio in legno utilizzato per far uscire il foglio di carta. Tale disegno, utilizzato per la prima volta nelle cartiere di Fabriano del tredicesimo secolo, costituiva il marchio di fabbrica e consentiva una “tracciabilità” del prodotto, come si direbbe oggi.
Ma torniamo alla pagina del sito della British Library: essa ci fornisce un’ulteriore traccia, perché cita come fonte la ricerca di uno studioso statunitense, Paul Needham, pubblicata nel 1985 sulla rivista Papers of the Bibliographical Society of America, 3° trim. 1985, pag. 303-374. Oggetto dello studio è la fornitura della carta della Bibbia di Gutenberg ( “The paper supply of of the Gutenberg Bible”).
Sono circa una settantina di pagine, che trattano sotto vari aspetti la questione dell’approvvigionamento della carta e delle modalità con cui Gutenberg procedette alla stampa dei due volumi del famoso libro.
Riassumiamo qui di seguito i punti salienti e per noi più di interesse.
Needham parte col riassumere i risultati degli studi precedenti, in particolare richiama come basilare l’opera “Erganzungsband” dello studioso tedesco Paul Schwenke, pubblicata nel 1923, che analizzò gli stock di carta di 27 copie della B42. Già da studi pubblicati nell’ottocento erano stati identificati, dalle filigrane, 4 differenti stocks di carta della B42:
- testa di toro: incidenza del 70%
- grappoli d’uva ( di due tipi): incidenza del 20%
- figura bovina: incidenza del 10%
Secondo quanto afferma Needham (pag. 307), tutti i 4 citati stocks furono prodotti “in the Piedmont, near Caselle, in the early 1450s” . Aggiunge inoltre che le risme di carta furono trasportate attraverso le Alpi, presumibilmente a dorso di mulo, fino a raggiungere il sistema fluviale del Reno, forse a Basilea, da dove tramite chiatta poterono continuare il viaggio fino a Magonza.
I fogli della B42 erano tutti del formato chiamato Reale. La fornitura di carta si articola almeno su tre distinti acquisti.
Il primo fu un grosso iniziale approvvigionamento, filigrana con la testa di toro, in quantità tale che Gutenberg probabilmente riteneva sufficiente per l’intera edizione.
Durante la stampa, divenne però evidente che tale stock non bastava. Ci fu una seconda fornitura, con le filigrane dei grappoli d’uva, con due diversi disegni, differenti nel picciolo, con 15 risme del tipo I e 5 risme del tipo II. I due stock furono prodotti e commercializzati in tempi vicini, furono trasportati assieme e giunsero all’officina di Gutenberg lo stesso giorno.
Neanche tale seconda fornitura fu sufficiente.
Ci fu necessità di una terza fornitura, e qui arrivò la filigrana con la figura bovina.
L’analisi delle filigrane della 2° e 3° fornitura consente di affermare che per ciascuno stock di carta vi era buona omogeneità nella produzione, in quanto derivanti dallo stesso tino e dalla stessa coppia di forme, senza apprezzabili derive nei vari fogli.
Per il primo stock fornito, quello con la testa di toro, l’analisi delle filigrane porta invece a una situazione più complessa: si rilevano due coppie di forme, che Needham battezza BHI e BHII, che passano attraverso tre differenti stati a, b e c: la cartiera che produsse quei fogli cambiò nel corso della produzione la disposizione delle filigrane nelle forme, probabilmente per interventi manutentivi di pulizia. Analizzando la distribuzione di queste varianti all’interno delle varie copie esistenti della B42, Needham conclude che la fornitura dei fogli con la testa di toro avvenne comunque probabilmente con unica consegna.
artigiano cartaio che aziona la “forma” per ricavare il foglio dalla pasta di stracci
La questione della tiratura complessiva della B42 sembra molto dibattuta dagli studiosi. Secondo lo Schwenke, la tiratura complessiva è stimabile fra 180 e 200, di cui circa 150 su carta e il resto su pergamena. Le copie su pergamena costavano si stima circa 4 o 5 volte quelle su carta. Needham ipotizza inoltre che da un piano originario di produzione di 100-110 copie su carta, si passò ad un successivo incremento del 25-30%. Una conferma indiretta dell’avvenuto incremento in corso d’opera della tiratura deriva dal carteggio intercorso nell’anno 1454 fra il legato pontificio Enea Silvio Piccolomini (il futuro papa Pio II), in quel momento a Francoforte per partecipare alla Dieta Imperiale, e il suo amico cardinale Juan de Carvajal: il Piccolomini vide dei fogli della B42 e ammirato della qualità dell’opera ne scrive all’amico riferendo che già prima della fine della stampa tutte le copie erano state prenotate.
Riepilogando, Needham individua le seguenti 4 fasi temporali di produzione della B42:
- 1° fase: stampa, con la filigrana testa di toro, di una prima parte di circa 100 copie
- 2° fase: dopo la decisione di incremento della tiratura, stampa con le teste di toro mischiate nei vari tipi in maniera diversa dalla 1° fase
- 3° fase: inizio utilizzo carta coi grappoli d’uva
- 4° fase: inizio utilizzo carta con la figura bovina, più utilizzo residuale delle altre filigrane. In questa fase fu completata la stampa dei capitoli del 2° volume, più la ristampa dei primi capitoli del 1° volume.”
Si confida che quanto riportato possa aver suscitato la curiosità del lettore su eventi che se pur lontani nel tempo possono avere interessato così da vicino il nostro territorio.”
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Largo al bambù
“Largo al bambù” : così titola nel numero di giugno un articolo sul mensile Al pais d’Lu. Il pezzo si riferisce all’insediamento nel vicino paese di Fubine, sempre in provincia di Alessandria, di quella che sarà la più grande piantagione di bambù d’Europa.
Il bambù sembra essere, fra le colture emergenti, il nuovo eldorado. La varietà che viene impiantata, proposta da diverse società in Italia, è una varietà di bambù gigante selezionata in Cina: le piantine vengono piantate in autunno, protette con pacciamatura di fieno. Già nella successiva primavera sono cresciute di 1-2 metri circa e producono i primi germogli, grazie ai rizomi che si espandono nel terreno. Dopo i primi 3 anni si possono iniziare a tagliare i germogli, per uso alimentare e cosmetico. Per le canne si deve aspettare da 5 a sette anni, e qui l’utilizzo è molteplice, specie in bioedilizia, dato che il bambù è anche definito l’acciaio vegetale.
Tutto oro quello che luccica? Ovviamente no. Qualche risvolto negativo c’è sempre. La coltura è molto invasiva, anche verso i campi dei vicini, tant’è che bisogna prevedere fossi per contenere l’espansione dei rizomi. E se dopo qualche anno si decidesse di cambiare coltura, bisognerà ingaggiare una dura lotta con l’ospite cinese.
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Le Infiorate del Corpus Domini
La tradizione nel realizzare tappeti per mezzo di fiori o parti di essi, generalmente in occasione della festività cattolica del Corpus Domini, è nata a Roma nella prima metà del XVII secolo, come espressione della cosiddetta festa barocca. Si ritiene, infatti, che la tradizione di creare quadri per mezzo di fiori fosse nata nella basilica vaticana ad opera di Benedetto Drei, responsabile della Floreria vaticana, e di suo figlio Pietro, i quali avevano usato “fiori frondati e minuzzati ad emulazione dell’opere del mosaico” il 29 giugno 1625, festa dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma. Non abbiamo date certe, ma la prima infiorata allestita per la festività del Corpus Domini risale al 1778 (anno in cui vennero allestiti alcuni quadri floreali nella via Sforza di Genzano) oppure al 1782 (anno in cui un tappeto coprì l’intera via senza soluzione di continuo). Da allora le località in cui si allestiscono infiorate in occasione nella ricorrenza del Corpus Domini sono numerose. Fra queste località, anche Ruvo di Puglia, che quest’anno organizza la terza edizione dell’Infiorata, per l’Ottavario del Corpus Domini, in collaborazione fra Pro Loco, Amministrazione Comunale, Comitato Feste Patronali e Unpli Puglia.
Antonello Olivieri, vicepresidente Pro Loco di Ruvo di Puglia
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U Signuri Longu
Dal sito della Pro Loco Artemisia di Castroreale.
“CASTROREALE (ME)
23-25 Agosto
La processione del Cristo Lungo
( U SIGNURI LONGU )
Tra le tante feste religiose che si svolgono durante l’anno in Sicilia, merita di essere ricordata quella che si svolge a Castroreale, una cittadina della Provincia di Messina, durante la Settimana Santa (Mercoledì e Venerdì) e nel mese di Agosto, il 23 e il 25 di ogni anno. La festa, unica al mondo nel suo genere, richiama un elevato numero di fedeli e amanti delle tradizioni locali, creando non poche difficoltà logistiche alla gestione dell’evento.
Il miracoloso simulacro del Santissimo Crocefisso, a grandezza naturale, è di cartapesta ed è opera di un anonimo plastificatore siciliano del XVII secolo ed è custodito e venerato nella Chiesa di Sant’Agata situata nel centro storico del paese, una delle tante chiese, tutte meritevoli di essere visitate, sia per i sontuosi altari, sia per le opere d’arte in esse esistenti. Ad esso è attribuita la miracolosa liberazione della città dal colera del 1854.
Il Crocefisso montato su un palo di cipresso lungo circa 13 metri viene inalberato e messo a piombo mediante una laboriosa operazione su un pesante fercolo ed è portato in processione il pomeriggio del 23 Agosto di ogni anno lungo le strette vie del centro storico nella Chiesa Madre, all’interno della quale rimane esposto alla venerazione dei fedeli fino al pomeriggio del giorno 25, quando viene restituito, sempre processionalmente, alla Chiesa di S. Agata. L’attrazione maggiore della festa è l’emozionante trasporto della vara, che tiene per tutta la sua durata col fiato sospeso i presenti che da ogni parte accorrono ad assistervi. La manifestazione religiosa è accompagnata da luminarie, concerti bandistici, spettacoli folkloristici, gare sportive e fuochi artificiali. Ma l’emozione più grande si prova nell’osservare attentamente il simulacro, in modo particolare il volto di Gesù crocefisso, sofferente e morto per riscattare tutti noi dal peccato originale. La sua vista e il contatto delle mani dei fedeli con il simulacro di Cristo suscitano sentimenti di profonda compartecipazione alle sofferenze di un Uomo che ha sacrificato la propria vita per il bene dell’umanità. Solo assistendo a questo rito è possibile comprendere i sentimenti che alla sua vista si provano. Spesso molti fedeli si asciugano le lacrime che improvvisamente solcano il loro volto.
L’emozione è generale, tant’è che a differenza di altre feste religiose, questa si svolge in un religioso silenzio, perché coinvolge tutti; tutti sentono la necessità di un seppur breve esame di coscienza che alla fine suggerisce quel sentimento di amore universale che deve accomunare gli uomini nel corso della loro esistenza terrena. E’ una festa che ricorda la passione e morte di Gesù, ma è anche la festa dell’uomo che Dio creò a sua immagine e somiglianza.
Il Crocefisso è portato in processione anche durante le funzioni della settimana santa, nei pomeriggi del mercoledì e del venerdì di ogni anno.
Perché i fedeli del luogo lo chiamano ” U Signuri Longu “? Il perché è presto detto. Tutte le volte che il Crocifisso viene portato in processione, viene issato su di un palo ligneo di cipresso lungo 13 metri, assicurato mediante un pesante canapo e inalberato attraverso un complicato meccanismo di pertiche lignee su di una vara di legno molto pesante (circa tre quintali). La vara nel suo complesso ha un peso di circa 950,00 kg ed è portata a spalla da 16 uomini. A manovrare le forcine delle pertiche ci sono degli esperti “maestri di forcina” che permettono al simulacro di ben muoversi tra le strette strade dell’antico paese , che spesso sono in discesa. Secondo un’antica tradizione i portatori erano quasi tutti contadini, i forcinari artigiani del legno o assimilati. Durante la processione la Croce sembra muoversi lentamente sui tetti delle case.
Un plauso va naturalmente agli abili esperti che con grande devozione compiono le delicate manovre.”
Paolo Faranda
Immagini collegate:
Compiti per le vacanze
E’ abbastanza normale, per le testate che escono con frequenza mensile, prendersi agosto come, meritato, mese di ferie.
Così capita, ad esempio, per Cose Nostre, di Caselle Torinese.
Idem per In Paese, il giornale della Pro Loco di Brendola.
Nel salutare e dare appuntamento agli affezionati lettori, il giornale chiede aiuto, per disporre di materiale “fresco” per le prossime uscite.
Una specie di “compito delle vacanze”, proposto per le seguenti rubriche:
– BELLEZZA IN PAESE, una rubrica su un tema tanto semplice quanto difficile;
– APPROFONDIMENTI IN PAESE, uno spazio da dedicare ogni mese ad un tema di particolare
interesse, scelto per l’attualità e l’importanza per il territorio;
– i NEOLAUREATI IN PAESE, sui compaesani che completano un percorso universitario,
con una breve intervista sull’esperienza di studio e sulle prospettive future;
– LETTURE IN PAESE, una rubrica dedicata ai libri e alle letture in genere.
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La via della carta, da Caselle alla Bibbia di Gutenberg
E’ ancora vivo, a Caselle Torinese, il ricordo della mostra Rivelazioni, tenutasi nella primavera del 2010 nella cittadina piemontese. Una delle “rivelazioni” più sorprendenti, quella relativa al probabile legame fra le cartiere di Caselle, attive nel quindicesimo secolo, e la celeberrima stampa della Bibbia di Gutenberg, di cui una pagina originale fu esposta nella mostra. In molti visitatori allora nacque la curiosità: ma sarà proprio vero che il primo libro stampato al mondo coi caratteri mobili utilizzò carta prodotta nelle cartiere di Caselle?
Un successivo articolo di approfondimento, pubblicato sul mensile casellese Cose Nostre, tentò di fornire qualche risposta. Eccolo qui di seguito ripreso nelle parti essenziali.
“Il più recente testo dedicato alla storia di Caselle è il libro di Gianni Rigodanza, pubblicato nel 1999 a cura della Pro Loco. Nel capitolo 7, “Luci dal Medioevo”, ci sono diverse pagine dedicate ai battitoi di carta, ai canali e bealere che li alimentavano, al tipografo Fabri che si insedia a Caselle nel 1475 a soli 20 anni di distanza dalla storica stampa a Magonza della Bibbia di Gutenberg. Il testo rinvia, per maggiori approfondimenti sull’argomento, all’altro precedente libro, pure edito dalla Pro Loco, “Caselle e i suoi centenari”, 1975. In nessuno dei due libri di storia locale sopra citati si ipotizza però un legame diretto fra cartiere di Caselle e l’impresa di Gutenberg.
Cercando nel mare di Internet, la traccia più promettente sembra essere la pagina http://www.bl.uk/treasures/gutenberg/paper.html . Essa proviene dal sito della British Library, che presenta un’intera sezione dedicata ai tesori della Bibbia di Gutenberg. Della stampa della Bibbia a 42 linee del 1455 (dagli studiosi battezzata B42), rimangono in forma completa oggi 49 copie, di cui 37 su carta, 12 su pergamena, sparse per il mondo. La British Library di Londra ne possiede due esemplari, uno su carta, l’altro su pergamena. Trascriviamo letteralmente cosa dice sul suo sito tale prestigiosa ed autorevole istituzione: “The paper used in the Gutenberg Bible was imported from Caselle in Piedmont, Northern Italy being one of the most important centres for paper-making in the 15th century” . L’affermazione sembra perentoria: la carta della Bibbia di Gutenberg fu importata da Caselle, nel Piemonte, uno dei centri di produzione cartaria più importanti nel quindicesimo secolo. Nella stessa pagina vengono riportate, come illustrazione, due delle filigrane presenti sulla carta (in particolare la testa di toro e il grappolo d’uva ).
Come noto, lo studio delle filigrane è uno dei pochi strumenti a disposizione degli studiosi per ricostruire la storia della stampa e delle cartiere che fornivano alle tipografie la materia prima. La filigrana, o marca d’acqua ( watermark in inglese), è il disegno visibile in controluce sulla carta: esso si ricavava, quando la carta era prodotta usando gli stracci come materia prima, inserendo fili metallici molto sottili nello staccio, chiamato “forma”, che era il telaio in legno utilizzato per far uscire il foglio di carta. Tale disegno, utilizzato per la prima volta nelle cartiere di Fabriano del tredicesimo secolo, costituiva il marchio di fabbrica e consentiva una “tracciabilità” del prodotto, come si direbbe oggi.
Ma torniamo alla pagina del sito della British Library: essa ci fornisce un’ulteriore traccia, perché cita come fonte la ricerca di uno studioso statunitense, Paul Needham, pubblicata nel 1985 sulla rivista Papers of the Bibliographical Society of America, 3° trim. 1985, pag. 303-374. Oggetto dello studio è la fornitura della carta della Bibbia di Gutenberg ( “The paper supply of of the Gutenberg Bible”).
Sono circa una settantina di pagine, che trattano sotto vari aspetti la questione dell’approvvigionamento della carta e delle modalità con cui Gutenberg procedette alla stampa dei due volumi del famoso libro.
Riassumiamo qui di seguito i punti salienti e per noi più di interesse.
Needham parte col riassumere i risultati degli studi precedenti, in particolare richiama come basilare l’opera “Erganzungsband” dello studioso tedesco Paul Schwenke, pubblicata nel 1923, che analizzò gli stock di carta di 27 copie della B42. Già da studi pubblicati nell’ottocento erano stati identificati, dalle filigrane, 4 differenti stocks di carta della B42:
- testa di toro: incidenza del 70%
- grappoli d’uva ( di due tipi): incidenza del 20%
- figura bovina: incidenza del 10%
Secondo quanto afferma Needham (pag. 307), tutti i 4 citati stocks furono prodotti “in the Piedmont, near Caselle, in the early 1450s” . Aggiunge inoltre che le risme di carta furono trasportate attraverso le Alpi, presumibilmente a dorso di mulo, fino a raggiungere il sistema fluviale del Reno, forse a Basilea, da dove tramite chiatta poterono continuare il viaggio fino a Magonza.
I fogli della B42 erano tutti del formato chiamato Reale. La fornitura di carta si articola almeno su tre distinti acquisti.
Il primo fu un grosso iniziale approvvigionamento, filigrana con la testa di toro, in quantità tale che Gutenberg probabilmente riteneva sufficiente per l’intera edizione.
Durante la stampa, divenne però evidente che tale stock non bastava. Ci fu una seconda fornitura, con le filigrane dei grappoli d’uva, con due diversi disegni, differenti nel picciolo, con 15 risme del tipo I e 5 risme del tipo II. I due stock furono prodotti e commercializzati in tempi vicini, furono trasportati assieme e giunsero all’officina di Gutenberg lo stesso giorno.
Neanche tale seconda fornitura fu sufficiente.
Ci fu necessità di una terza fornitura, e qui arrivò la filigrana con la figura bovina.
L’analisi delle filigrane della 2° e 3° fornitura consente di affermare che per ciascuno stock di carta vi era buona omogeneità nella produzione, in quanto derivanti dallo stesso tino e dalla stessa coppia di forme, senza apprezzabili derive nei vari fogli.
Per il primo stock fornito, quello con la testa di toro, l’analisi delle filigrane porta invece a una situazione più complessa: si rilevano due coppie di forme, che Needham battezza BHI e BHII, che passano attraverso tre differenti stati a, b e c: la cartiera che produsse quei fogli cambiò nel corso della produzione la disposizione delle filigrane nelle forme, probabilmente per interventi manutentivi di pulizia. Analizzando la distribuzione di queste varianti all’interno delle varie copie esistenti della B42, Needham conclude che la fornitura dei fogli con la testa di toro avvenne comunque probabilmente con unica consegna.
artigiano cartaio che aziona la “forma” per ricavare il foglio dalla pasta di stracci
La questione della tiratura complessiva della B42 sembra molto dibattuta dagli studiosi. Secondo lo Schwenke, la tiratura complessiva è stimabile fra 180 e 200, di cui circa 150 su carta e il resto su pergamena. Le copie su pergamena costavano si stima circa 4 o 5 volte quelle su carta. Needham ipotizza inoltre che da un piano originario di produzione di 100-110 copie su carta, si passò ad un successivo incremento del 25-30%. Una conferma indiretta dell’avvenuto incremento in corso d’opera della tiratura deriva dal carteggio intercorso nell’anno 1454 fra il legato pontificio Enea Silvio Piccolomini (il futuro papa Pio II), in quel momento a Francoforte per partecipare alla Dieta Imperiale, e il suo amico cardinale Juan de Carvajal: il Piccolomini vide dei fogli della B42 e ammirato della qualità dell’opera ne scrive all’amico riferendo che già prima della fine della stampa tutte le copie erano state prenotate.
Riepilogando, Needham individua le seguenti 4 fasi temporali di produzione della B42:
- 1° fase: stampa, con la filigrana testa di toro, di una prima parte di circa 100 copie
- 2° fase: dopo la decisione di incremento della tiratura, stampa con le teste di toro mischiate nei vari tipi in maniera diversa dalla 1° fase
- 3° fase: inizio utilizzo carta coi grappoli d’uva
- 4° fase: inizio utilizzo carta con la figura bovina, più utilizzo residuale delle altre filigrane. In questa fase fu completata la stampa dei capitoli del 2° volume, più la ristampa dei primi capitoli del 1° volume.”
Si confida che quanto riportato possa aver suscitato la curiosità del lettore su eventi che se pur lontani nel tempo possono avere interessato così da vicino il nostro territorio.”
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Largo al bambù
“Largo al bambù” : così titola nel numero di giugno un articolo sul mensile Al pais d’Lu. Il pezzo si riferisce all’insediamento nel vicino paese di Fubine, sempre in provincia di Alessandria, di quella che sarà la più grande piantagione di bambù d’Europa.
Il bambù sembra essere, fra le colture emergenti, il nuovo eldorado. La varietà che viene impiantata, proposta da diverse società in Italia, è una varietà di bambù gigante selezionata in Cina: le piantine vengono piantate in autunno, protette con pacciamatura di fieno. Già nella successiva primavera sono cresciute di 1-2 metri circa e producono i primi germogli, grazie ai rizomi che si espandono nel terreno. Dopo i primi 3 anni si possono iniziare a tagliare i germogli, per uso alimentare e cosmetico. Per le canne si deve aspettare da 5 a sette anni, e qui l’utilizzo è molteplice, specie in bioedilizia, dato che il bambù è anche definito l’acciaio vegetale.
Tutto oro quello che luccica? Ovviamente no. Qualche risvolto negativo c’è sempre. La coltura è molto invasiva, anche verso i campi dei vicini, tant’è che bisogna prevedere fossi per contenere l’espansione dei rizomi. E se dopo qualche anno si decidesse di cambiare coltura, bisognerà ingaggiare una dura lotta con l’ospite cinese.
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Le Infiorate del Corpus Domini
La tradizione nel realizzare tappeti per mezzo di fiori o parti di essi, generalmente in occasione della festività cattolica del Corpus Domini, è nata a Roma nella prima metà del XVII secolo, come espressione della cosiddetta festa barocca. Si ritiene, infatti, che la tradizione di creare quadri per mezzo di fiori fosse nata nella basilica vaticana ad opera di Benedetto Drei, responsabile della Floreria vaticana, e di suo figlio Pietro, i quali avevano usato “fiori frondati e minuzzati ad emulazione dell’opere del mosaico” il 29 giugno 1625, festa dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma. Non abbiamo date certe, ma la prima infiorata allestita per la festività del Corpus Domini risale al 1778 (anno in cui vennero allestiti alcuni quadri floreali nella via Sforza di Genzano) oppure al 1782 (anno in cui un tappeto coprì l’intera via senza soluzione di continuo). Da allora le località in cui si allestiscono infiorate in occasione nella ricorrenza del Corpus Domini sono numerose. Fra queste località, anche Ruvo di Puglia, che quest’anno organizza la terza edizione dell’Infiorata, per l’Ottavario del Corpus Domini, in collaborazione fra Pro Loco, Amministrazione Comunale, Comitato Feste Patronali e Unpli Puglia.
Antonello Olivieri, vicepresidente Pro Loco di Ruvo di Puglia