In ricordo di Massimo Fabiani

A un anno dall’improvvisa scomparsa di Massimo Fabiani, presidente della Pro Loco di Cinigiano, ideatore e da sempre direttore di Fatti Nostri, testata bimestrale della sua Pro Loco, lo ricordiamo con le parole del suo amico e conterraneo Massimo Ciani, pubblicate su Maremma News.

“La notizia mi ha sconvolto. Perchè non se ne è andata una persona comune. Una di quelle alla notizia della cui morte esclami un “noooo…non è possibile….quando ?” e poi volti pagina. Massimo, senza tema di smentite, era l’anima di una comunità. Quella del paese di Cinigiano, cui appartengo per parte di mamma. Mi perdonerà il sindaco, leggendomi, ma Massimo a buona ragione ne era il sindaco perpetuo.
Una fucina instancabile di idee e di iniziative. Una attività intensissima finalizzata a tenere desta sempre e comunque l’attenzione su Cinigiano e sulla sua comunità, sulla sua storia, sul suo presente e sul suo futuro. In contesti in cui tutti, o quasi, sono abituati a dare il suo ed a volte neppure quello, Massimo Fabiani dava il suo e quello che non davano gli altri.

Cinigiano era la sua febbre e la sua vera malattia esistenziale, anche quando la salute ha cominciato, per lui troppo presto, a declinare. Adesso è il momento della costernazione e della commozione ma sto già guardando oltre il tristissimo evento e mi chiedo con profondo senso di smarrimento chi avrà il coraggio, la capacità e la disponibilità non dico a sostituirlo, cosa impossibile, ma quantomeno a farsi carico di una parte della sua corposa eredità di impegni e di iniziative filtrate dalla Pro Loco di cui era stimatissimo Presidente, tra cui l’ultracinquantennale Festa dell’Uva.
E soprattutto chi sarà in grado di prendersi cura di uno dei più bei periodici di cultura popolare e rurale d’Italia che, senza tema di smentite, affermo essere la rivista “Fatti nostri…”. Io non potrò partecipare alle esequie causa l’infortunio che ancora mi costringe al riposo forzato. Ma sarà come se ci fossi, caro, indimenticabile Massimo. Nella rassegnazione amara e consapevole che con Te se ne va una tessera insostituibile di quel puzzle vivace che colora il mio piccolo ma meraviglioso paese alle falde dell’Amiata.”

P.S. Fatti Nostri dopo la scomparsa di Massimo non è più uscita.

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Due ragazzi e una sirena

Testo di Riccardo Milan, dal suo blog di enogastronomia Allappante

La mania della lettura mi conduce spesso a fare strani incontri. Anni fa, ad un bookcrossing, ho preso un romanzo breve, di autore sconosciuto, editore idem; nel titolo c’era una sirena, forse “Fra le code della sirena”. Era una storia d’amore fra due giovani ebrei negli anni finali della Seconda Guerra Mondiale. No, non una storia di lager, ma semmai un a storia di cui non conoscevo neppure l’esistenza: la presenza di un campo d’accoglienza di ebrei a Santa Maria di Leuca, fra il 1942 e il1947. Gli ebrei furono portati là dalla fortuna, mantenuti dall’Unrra, aiutati dalla popolazione locale e dai poteri succedutesi in quei mesi e poi imbarcati per Israele. Non fu torto loro un capello, semmai condivisero la fame e la miseria dell’epoca con i nostri connazionali del Sud, estremo sud.

La storia? Sì, una storiella di amore, un romanzo di formazione… semmai ad interessarmi fu questo episodio della Seconda Guerra Mondiale, questa scheggia di storia minore; la mentalità; lo scontro fra mentalità; il mescolamento delle nazioni nel campo (ebrei albanesi, greci, ungheresi, italiani…). L’ho letto, ma poi l’ho rimesso in un altro bookcrossing. A casa non ho più spazio.

Anni dopo, giorni fa, sono finito davvero a Santa Maria di Leuca, ad un incontro di giornalisti, giornalisti legati alla piattaforma Gepli (giornali editati dalle pro loco italiane, così si scioglie l’acronimo). Ospiti delle pro loco di Tiggiano e di Santa Maria di Leuca. Ottime e preparate persone. E fra un lavoro ed un altro, una visita guidata ed una passeggiata… ho visto i luoghi del romanzo, della storia d’amore: la colonia sotto il faro. Oggi abbandonata. Dove dormivano i ragazzi. Ho visto la bella villa in stile neoclassico dove dormivano i genitori. Vicino a cui ci sono oggi le altre belle ville di Leuca e l’albergo dove ho dormito (carino) e la sede della Pro Loco, dove abbiamo discusso di piccoli successi e di problemi dell’editoria minore. E dove una mostra di foto ci ha parlato e mi ha parlato ancora di questo pezzo di storia dimenticato. Ho visto le casette sul mare, dove i nobili ottocenteschi facevano il bagno al riparo dal sole. E dove i due ragazzi si baciano per la prima volta. Ho viso anche la grotta degli innamorati, dove si entra a nuoto, metro dopo, fino ad una grotta interna illuminata, dove ci sono alcune piccole, raccolte spiaggette, “da innamorati” appunto. Altro passo del romanzo che ora ricordo in parte

Ricordo meglio, ovviamente, le due belle giornate del convegno Gepli, di cui scriverò più diffusamente su “Paese Mio”. Qui, per accontentare i miei golosi amici, riporto solo la bellezza dei luoghi (che consiglio), il profumo dei vini salentini; i sapori delle verdure, fra cui delle curiose carote colorate, le pastinache; l’olio ovviamente; e dei cetrioli-meloni che ho portato a mia madre per un esame approfondito. Che dire d’altro? Che il sud del Sud è il luogo ideale per vivere un amore. Magari in bassa stagione, però: mi dicono che d’estate (luglio – agosto) anche la grotta degli innamorati sia assai affollata!

Riccardo Milan, direttore di Paese Mio

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Cosa sono gli s’cios?


Al via in questi giorni, a Quero, provincia di Belluno, l’edizione numero 40 della Sagra degli S’cios.
Ne dà notizia Il Tornado, il bel quindicinale edito dalla Pro Loco di Fener, e diffuso nei comuni di Alano di Piave, Quero Vas e Segusino.
Ma cosa sono questi s’cios? Penso che, al di fuori di queste valli, quel termine dialettale sia completamente sconosciuto. Ma se guardiamo la locandina, la curiosità viene subito soddisfatta: gli s’cios sono le lumache, o chiocciole che dir si voglia.
Dal sito della Pro Loco di Quero ecco alcune notizie sull’uso alimentare delle lumache.

Lo S’cios… ovverossia La lumaca….in cucina!

La lumaca (in italiano toscaneggiante “chiocciola”) raggiunge la velocità massima di 4 metri al minuto, ma la sua luccicante traccia segue l’evoluzione dell’uomo fin dalla scoperta del fuoco in poi. È invero improbabile che fosse molto appetibile cruda!
Esse era apprezzate dai Greci e dai Romani; nel trattato di cucina di Apicio, che spurgava le lumache nel latte per diversi giorni prima della cottura, fino a quando si erano gonfiate tanto da non poter rientrare nel guscio, si trovano quattro ricette dedicate alle lumache che egli friggeva ed arrostiva servendole con varie salse
Nel medioevo ebbero la loro importanza perché considerate un cibo “di magro”, ma è indubbio che in tutti i tempi esse sono rimaste un cibo apprezzato dai contadini.
All’inizio dell’Ottocento esse rientrano nella cucina francese come prelibatezze e la ricetta della lumaca alla bourguignonne è già diffusa nel 1840.
In Italia la lumaca è apprezzata in ogni regione ognuna delle quali ha una sua ricetta base per cucinarle (generalmente in umido o trifolate, con o senza pomodoro), al fine di ricavarne un buon sugo con cui accompagnare la polenta o il pane.
La lumaca più conosciuta ed apprezzata è la grande Helix pomatia. In specie nella sua varietà alpina, assai rinomata, che trova nei massicci calcarei delle Alpi e dell’Appennino l’ambiente ideale di vita e di sviluppo. Detta anche “vignaiola bianca” (in Francia gros blanc o escargot de Bourgogne), la pomatia ha carne bianca e raffinata ed è diffusa in tutta l’Europa centrale. In Italia è consumata soprattutto nelle regioni settentrionali. Nelle zone mediterranee, e nelle regioni italiane centro-meridionali (ma anche in Liguria), è molto popolare la più piccola Helix aspersa. Questa “chiocciola dei giardini” o “zigrinata” (“maruzza” nel trapanese, petit-gris per i francesi), è protagonista di molte sagre paesane e costituisce circa il 70% del patrimonio elicicolo dell’allevamento in Italia. L’Helix aperta o “cozza di terra”, di taglia medio-piccola, si trova in Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Il gusto della sua carne delicata è assai apprezzato, al punto che in Puglia in genere si mangia cruda o appena arrostita sulla brace.
In Sicilia c’è una vera e propria cultura dello loro piccole lumache che vengono suddivise in tre categorie: babbaluci: quelle piccole, bianche e già aperte; attuppateddi: (chiuse, otturate) sempre quelle bianche, ma in letargo con l’opercolo; crastuni: quelle grosse scure. A Palermo il giorno di Santa Rosalia (14 luglio), zuppiere di babbalùci alla palermitana vengono servite anche sulle bancarelle dei mercati.
In commercio le lumache si trovano vive oppure, in scatola o congelate, già pronte per essere cucinate. Poiché la produzione europea non è sufficiente per soddisfare un consumo di circa 100.000 tonnellate (peso vivo) di lumache per la sola Francia, molte vengono importate da allevamenti della Cina. In genere si tratta di razze europee, ma bisogna stare attenti a non farsi rifilare come lumaca la Achatina fulica, lumaca africana di grosse dimensioni, del tutto priva di pregio e di valore culinario.
In Italia si va diffondendo l’allevamento della lumaca (elicicoltura) ed a Cherasco (CN) ha sede anche l’Istituto Internazionale di Elicicoltura. L’allevamento italiano viene effettuato all’aperto nel modo più naturale possibile in modo che la lumaca di una certa zona conservi tutte le caratteristiche organolettiche della lumaca allo stato naturale. In Francia si preferisce l’allevamento in serra, indubbiamente più artificiale e con alcuni inconvenienti (ad esempio il guscio che rimane troppo sottile e difficilmente usabile).

La lumaca, per tradizione, viene cucinata secondo ricette alquanto robuste, il che l’hanno fatta considerare un cibo indigesto. Invece, se cucinata ammodo, deve essere considerata un cibo facilmente digeribile. Cento grammi di carne contengono 13 grammi di proteine e solo 1,7 grammi di grassi, il che significa solo 67 calorie; sono quindi adatte per una alimentazione ipocalorica, se si sa risparmiare sui grassi di cottura!

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E la chiamano estate


Venerdì 13 luglio, a partire dalle ore 19:00 presso la piazzetta antistante l’Info Point Ruvo di Puglia, sarà presentata, attraverso proiezioni di immagini evocative, un’antologia di racconti epigrafata “E la chiamano estate – Quando andavamo in villeggiatura” di Valentino Losito, Consigliere Nazionale dell’Ordine Dei Giornalisti Della Puglia – Bari, edito da SECOP Edizioni. Alla presentazione, con l’autore dialogherà Angelo Tedone, giornalista de La Gazzetta del Mezzogiorno.it. I saluti saranno affidati a Rocco Lauciello, Presidente della Pro Loco UNPLI Ruvo di Puglia nonché dell’Unpli Puglia e a Monica Filograno, Assessora alla Cultura e Turismo del Comune di Ruvo di Puglia.
Il reading è promosso nell’ambito degli interventi a sostegno della qualificazione e del potenziamento del servizio di informazione degli Info-Point turistici dei comuni che aderiscono alla rete regionale, finanziati dall’Assessorato al Turismo della Regione Puglia per il Piano Strategico del turismo, Puglia 365, in sinergia con l’Assessorato al Turismo della Città di Ruvo di Puglia e l’Associazione Pro Loco.
Il “diario emozionale”, è una raccolta di brevi aneddoti di una infanzia felice e che ha lasciato nell’autore e lascerà in ogni lettore una scia di ricordi che rendono ancora azzurro e leggero il cuore.

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Un giornale che viaggia


Un giornale che viaggia, La Serra, di cui vedete la copertina del numero in uscita in questi giorni.
Arriva in 20 diversi Stati, ci segnala l’editore che lo stampa, la Pro Loco della piccola Coreno Ausonio, provincia di Frosinone.
Particolarmente attiva la comunità corenese nell’Ohio (Stati Uniti), ove è presente, dal 1958, il club CIAC, Circolo Italo-Americano Corenese; qui di seguito il logo del club e la locandina di una loro serata per raccolta fondi.

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Gente di Magliano

Riceviamo da Cesare Giudice, coordinatore editoriale de Il Paese, segnalazione di un’interessante mostra. Il bimestrale “Il paese”, inizialmente partito dalla Pro Loco di Magliano Alfieri, con le sue 1900 copie raggiunge i sette comuni della Sinistra Tanaro del Roero (provincia di Cuneo).
La mostra fotografica, allestita nel castello Alfieri di Magliano, si inaugura la prossima domenica 8 luglio alle 10,30 e rimarrà aperta fino al 15 agosto.

Gente di Magliano, così si intitolava un libro di fotografie di maglianesi del passato, corredato anche di notizie storiche, edito dalla Pro Loco nel 1986. A distanza di oltre trent’anni da quell’iniziativa, che ottenne un notevole successo, si è pensato di spostare l’attenzione sul presente del nostro paese, fissando in uno scatto i volti di persone che ci vivono da sempre accanto ad altre che sono arrivate a Magliano da posti anche lontani e si sono inserite nel nostro tessuto sociale apportandovi le loro specificità culturali.
Sono state ritratte persone di ogni età residenti nelle tre frazioni del nostro paese, che vanno perciò a costituire un campione rappresentativo dell’attuale popolazione maglianese: sono ritratti ambientati in un contesto famigliare e rassicurante capace di facilitare la naturalezza delle espressioni. Tutti si sono dimostrati disponibili e il lavoro è fluito regolare.
Le relative “schede” biografiche, necessariamente sintetiche, intendono solo mettere in rilievo qualche tratto caratteristico delle persone che compaiono nelle fotografie e sono segnate da una leggerezza di fondo che, in qualche caso, si esprime in osservazioni ironiche intese a suscitare un sorriso.
I promotori di questo progetto non hanno inteso operare una selezione per individuare una piccola minoranza di maglianesi più “meritevoli” di altri: la loro intenzione è di fare di questa mostra un punto di partenza, nella convinzione che il punto di arrivo, per quanto difficilmente realizzabile, dovrebbe consistere nel fotografare tutti i maglianesi, dal primo all’ultimo, per rendere l’idea di una comunità di persone che si sono trovate a vivere nello stesso luogo geografico e che formano quindi, in qualche modo, una grande famiglia. Come esistono gli album fotografici di famiglia, allo stesso modo, col tempo, potrebbe andare a prendere forma un voluminoso album di foto della famiglia dei maglianesi, rendendoci un po’ più consapevoli della nostra identità e facendoci anche sentire un po’ più vicini gli uni agli altri.
Questo si propone di essere, pertanto, solo l’embrione di un progetto più vasto, da sviluppare col passare del tempo.
Il materiale raccolto nel corso del lavoro potrebbe confluire nel progetto dell’Archivio audiovisivo di Magliano avviato dalle associazioni culturali Amici castello Alfieri e il paese (già piuttosto ricco e includente anche l’immenso patrimonio fotografico di Antonio Adriano e numerosi video amatoriali girati nel nostro paese), da collocare presso la Biblioteca civica, dove tutti potranno visionarlo.

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